Con la terza tappa delle nostre interviste ai vincitori dei Milano Storytelling Awards conosciamo Elena Galimberti, architetto prestato alla fotografia che racconta Milano e i milanesi da una prospettiva unica: quella della sua macchina fotografica!
Quella di Elena Galimberti è una storia che ci ha da subito affascinato: architetto paesaggista con la passione per la fotografia, dopo diversi anni vissuti in Portogallo torna a Milano e si ritrova davanti a una città inevitabilmente cambiata, con la quale deve innamorarsi nuovamente per poterla ricominciare a chiamare “casa”.
Ed è così che Elena ha iniziato a testimoniare la realtà che la circondava, scoprendo una quantità enorme di realtà positive e decidendo di raccontarle attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica. Il punto di vista di Elena ha progressivamente acquisito popolarità sui social e tra i milanesi, tanto da farla incoronare Miglior artista milanese ai Milano Storytelling Awards.
Parlaci del tuo progetto: com’è nato e cos’è?
Il mio non è un vero e proprio progetto ma la volontà di raccontare la città attraverso le emozioni che mi regala e un modo di trovare quello che rappresentava per me Milano dopo diversi anni vissuti in Portogallo. Una sorta di mappatura fotografica che, tramite le storie positive che cerco e incontro sul territorio, potesse restituire un ritratto della realtà milanese dove i cittadini credono nel valore della condivisione. Storie di luoghi e socialità (persone e associazioni che lavorano sul territorio e soprattutto nelle periferie), di orti e giardini condivisi e di multiculturalità attraverso i volti dei “nuovi milanesi” (una raccolta di volti e storie di chi per scelta o necessità è venuto a Milano per vivere e lavorare). Nell’ultimo periodo ho iniziato anche un progetto dedicato all’integrazione dei richiedenti asilo usando le immagini come strumento per restituire un senso di identità e appartenenza alla città che li accoglie. “Con gli occhi dei migranti” è un progetto di inclusione dove i soggetti coinvolti diventano protagonisti attivi fotografando i luoghi in cui vivono, scoprendoli e appropriandosene attraverso lo sguardo.
Pensi che il tuo progetto sarebbe stato lo stesso se non fosse nato a Milano ma in un’altra città?
Per me è molto importante cercare in ogni città il lato positivo e la bellezza che mi trasmette. Fotografarla e poi trasmetterla, condividendola, con chi mi segue sui social. Certamente, però, qui a Milano ho trovato uno stimolo molto forte dato dai cittadini stessi che credono come me nel valore della condivisione e della partecipazione. Un flusso di energia continuo che ho percepito al mio rientro in Italia, dato anche dall’entusiasmo di Expo e dal successivo fermento di nuovi progetti e idee.
Parliamo un po’ di Milano e mettiamo in moto la fantasia: se fossi un posto, un luogo o un monumento della nostra città, quale saresti e perché?
Amo sia la parte storica che quella contemporanea di Milano, ma sceglierei sicuramente piazza Gae Aulenti perché per me rappresenta il luogo che mi ha “accolto” quando sono tornata dal Portogallo. Ho scattato moltissime foto tra quei palazzi e piano piano ho iniziato attraverso quello sguardo a sentirmi a casa. Poi sceglierei la Chiesa di San Maurizio perché amo prendermi una pausa tra i suoi meravigliosi affreschi e in ultimo l’Orto Botanico di Brera, il mio angolo nascosto dove respirare un momento di quiete lontano da tutto.
Sei stata premiata ai Milano Storytelling Awards come uno dei personaggi che meglio racconta Milano: secondo te quali altre realtà di Milano, escludendo quelle già nominate quest’anno, contribuiscono a raccontare la città al meglio?
Milano è molto ricca dal punto di vista del racconto cittadino. Sicuramente un punto di riferimento fin dai primi momenti del mio rientro in città è stato il blog Onalim. Ho scritto all’autrice e siamo diventate subito amiche perché mi piaceva il suo spirito ironico e il modo di raccontare cercando di mostrare le varie anime di cui è composta Milano al di là di stereotipi e luoghi comuni. Una sorta di osservatorio sentimentale con la missione di rappresentare una città al contrario, dove insieme si possono attuare dei piccoli e grandi ribaltamenti, dove la collaborazione prende il posto della competizione, dove la curiosità non è status e la gentilezza viene premiata.
Parliamo del futuro e delle tue aspettative: come vedi il tuo progetto tra 5 anni?
Tendenzialmente ho imparato negli ultimi anni a non avere aspettative e non progettare il futuro perché credo che vivendo in un momento di forte evoluzione dobbiamo essere sempre pronti a modellarci ai cambiamenti. Si parla molto del fenomeno di resilienza e credo che sia fondamentale essere flessibili e aperti a stimoli e soprattutto ascoltare il respiro della città e delle persone che la vivono. Vivo nel presente e l’unica cosa che posso immaginarmi e soprattutto che spero davvero è che la rete di realtà, associazioni e semplici cittadini si estenda sempre di più e arrivi a dare la spinta a un cambiamento più ampio e a un senso generale di responsabilità individuale della nostra vita di cittadini.
Un approccio all’insegna dell’ottimismo che spinge Elena ad affrontare Milano con mente e braccia aperte: ogni angolo è una sorpresa e uno spunto da catturare e che ci aiuta a riflettere.